Storia del 32° Rgt. Carri dalla Costituzione del Reggimento

fino al termine del Secondo Conflitto Mondiale.

 

Estratto dell'opera “Storia dei Carristi e del 32° Rgt. Carri”, del Col. (cr.) Maurizio PARRI,

L’ARIETE ED IL 32° CARRI

Il 16 luglio 1937, il Ministero della Guerra ordinava la costituzione entro un anno della I e II Brigata Corazzata, costituitesi entrambe il 15 luglio 1937 ciascuna delle quali doveva inquadrare due reggimenti carristi di nuova formazione:

-    il 31° Reggimento fanteria carrista  costituitosi “ex novo” il 1° luglio 1937 a Siena cui furono assegnati, all’atto della costituzione, il I e II battaglione carri di rottura, poi il XXXI battaglione carri d’assalto  che divenne III carri d’assalto;

-    il 32° Reggimento fanteria carrista costituitosi il 1° dicembre 1938, per trasformazione del 2° Reggimento di Verona, che assorbì il IV e il III battaglione carri di rottura divenuti rispettivamente I e II e, più tardi, il XXI carri d’assalto.

Nel frattempo, con il Regio Decreto del 6 luglio 1938, si concedeva lo Stendardo ai Reggimenti di Fanteria Carrista.

Costituzione dell’Ariete

La II Brigata Corazzata, con sede a Milano darà origine, il 1° febbraio 1939, alla Divisione Corazzata “Ariete”(132^) che, in pochi anni di vita operativa, doveva conquistare sul campo fama leggendaria.

La I Brigata Corazzata, con sede a Siena, darà vita, il 20 aprile del 1939 alla Divisione Corazzata “Centauro” (131^).

Con le due divisioni corazzate, a far data dall’11 novembre 1938, si sarebbe dovuto creare il Corpo d’Armata corazzato che ebbe vita effimera.

Il 6 novembre successivo, veniva costituito in Parma il 33° Reggimento carristi, il cui primo Comandante fu il Colonnello Ugo DE LORENZIS (M.A.V.M.), inquadrato nella Divisione Corazzata “Littorio”(133^) con sede a Parma, nell’antica caserma farnesiana della “Pilotta”.

Costituzione del 32° Carri

Il 1° dicembre 1938, quindi, il 2° Reggimento Fanteria Carrista, assunse la nuova numerazione di 32° Reggimento carri “Ariete”, ed il 1° febbraio successivo entrò a far parte della neonata 132^ Divisione Corazzata “Ariete” insieme all’8° Reggimento Bersaglieri, al 132° Reggimento Artiglieria Corazzata ed altri minori reparti divisionali.   

Sino al 1940, tutti e quattro i reggimenti condividevano l’antico motto ereditato dal Reggimento Capo stipite. Il 13 Agosto 1940, l’allora Ministro della Guerra, con un’apposita circolare (numero di protocollo 65850) annulla il precedente motto che, peraltro, come già detto, era stato attribuito con una apposita legge, stabilendo di sostituirlo con quello adottato dal Colonnello Valentino BABINI per il Raggruppamento Carristi di Spagna (per dirla tutta, il motto del Raggruppamento carristi era inizialmente “Ad Victoriam Velociter” e, dopo il successo ottenuto nel combattimento che ebbe luogo a Pinell (Spagna) il 3-8 novembre 1938 fu modificato dal Colonnello Babini):

Ferrea Mole, Ferreo Cuore

Anche il nuovo motto continuava ad essere unico per tutti i reggimenti carri. Esso fu bene accolto perché riconosceva alla giovane specialità dell’Esercito la dignità di specialità di combattimento e anziché di semplice supporto ad esso.

L’11 giugno 1940, allo scoppio della seconda guerra mondiale, il Reggimento, si trasferì con l’Ariete dal Veneto alla frontiera con la Francia, passando alle dipendenze dell’Armata del Po.

         La lotta su quel fronte fu assai breve e non consentì l’impiego dell’Ariete. Nel Frattempo, a partire dal 28 luglio 1939, in seno al 32° Reggimento carristi, due nuovi battaglioni (il I e II carri medi) erano stati formati contemporaneamente all’adozione di 96 carri armati M 11/39 armati con cannoni e mitragliatrici.

Il I battaglione carri M aveva sede a Verona, il II battaglione, aveva sede in Vicenza.     

L’avvenimento fu percepito come un grande salto di qualità e, con l’occasione, il 32° reggimento adottò il distintivo metallico reggimentale che ancor oggi lo distingue e nel quale è raffigurato, appunto, un carro M 11/39 tra una fronda d’alloro ed una di quercia, sormontato dalla corona reale, stemma che s’ispira senz’altro a quello del Royal Tank Corps britannico. 

Con l’introduzione in servizio dei carri M 11/39 con i carri FIAT 3000 si andarono ad equipaggiare unità di 2^ linea e così con gli stessi carri dei 5 battaglioni FIAT 3000 appartenuti ai primi 4 reggimenti si formarono 5 battaglioni come si evince dalla seguente tabella indispensabile, come le precedenti, per seguire la genesi dei battaglioni carri.

Numerazione

originaria

1^ Numerazione

2^ Numerazione

3^ Numerazione

 

Sedi

4^ Numerazione

1932

1936

1938

1939

1940

V/3°

I/3°

I/31°

CCCXI/31° “M.O. Raggi”

Siena

 

II/4°

II/4°

II/31°

CCCXII/31° “M.O. suarez”

Massa

Btg. Misto L/M dell’Egeo

IV/2°

III/2°

II/32°

CCCXXI/32° “M.O. Matter”

Verona

 

 

III/1°

IV/1°

I/32°

CCCXXII / 32° “M.O. Prestinari”

Vercelli poi Vicenza

 

 

I/4°

V/4°

V/1°

CCCXXIII / 1°

Roma poi Riva del Garda

 

III/32°

Carri leggeri

Carri di rottura

 

Carri M

M13/40

Fiat 3000

 

 

Intanto, il 26 ottobre 1939, a causa dei numerosi difetti riscontrati sui carri M 11/39, si decise di sostituirli con gli M 13/40 con i quali, nel corso della guerra, si provvide ad equipaggiare tredici battaglioni carri fra cui tre del 32°.

Con il primo lotto “sfornato” dall’Ansaldo di Genova nell’ottobre 1940 fu equipaggiato il III battaglione carri M 13/40 (ex III battaglione carri di rottura – su due compagnie carri) cui furono assegnati i 37 carri con le targhe comprese tra la 2762 e la 2999. La  targa del carro posto sul monumento della Caserma "Forgiarini" non è dunque casuale (RE 2786).

In quel momento nessun carro avversario aveva un armamento superiore al cannone da 47/32 installato sulla torretta dell’ M 13/40 e soltanto i Matilda inglesi avevano una corazza più spessa a fronte di una maggiore lentezza. Ma fu un vantaggio che, come vedremo, durò per poco e che non poté essere messo degnamente a frutto perché, quando se ne poteva approfittare, mancava ancora, prima d’ogni altra cosa, l’esperienza.

DIARIO DI GUERRA DEL 32° CARRI

Africa Orientale

Il 24 aprile 1940 una compagnia forte di 24 M 11/39 fu inviata dal I battaglione carri M di Verona in Africa Orientale ove, quando vi giunse, fu scissa in due compagnie su quattro plotoni ciascuna: la 321^, destinata in Eritrea, e la 322^, destinata ad Addis Abeba.

La prima (321^) partecipò il 31 gennaio 1941 al combattimento del Monte Koben presso Cassala fu poi distrutta presso Agordat  verso la fina del successivo mese di marzo.

La seconda (322^) fu invece impiegata nella conquista del Somaliland e si distinse ad Hargeisa, il 5 agosto 1940, a Daharboruc, l’11 e a Lafaruc il 17. Nelle operazioni che seguirono subì molte perdite ad opera dei Sudafricani e cessò di esistere il 22 maggio 1941.

Le Avanguardie del 32° carri in Africa Settentrionale

Già prima che lo stendardo del 32° sventolasse al sole del deserto del Nord Africa, alcuni battaglioni del Reggimento avevano raggiunto quella ardente zona di operazioni.

         Sbarcando in Libia l’8 luglio 1940, aprirono l’avanguardia eroica il I battaglione carri medi, comandato dal Maggiore Vittorio CEVA (M.A.V.M.), e il II Battaglione Carri M 11/39, comandato dal Maggiore Eugenio CAMPANILE (M.B.V.M.).

Entrambi i battaglioni erano già del 32° Reggimento che, insieme con il Colonnello Pietro ARESCA (O.M.I.), erano passati a far parte del 4° Reggimento Carristi, da tempo mobilitato ed inviato anch’esso in Africa.

La forza complessiva dei due battaglioni carri M 11/39 ceduti dal 32° al 4° Reggimento carri ammontava a 600 uomini, 72 carri, 56 automezzi, 37 motocicli e 76 rimorchi che si andavano ad aggiungere ai 324 carri L 3/35 già presenti in Libia.

Per effetto della mobilitazione, il XX btg. cr. L “Randaccio” comandato dal Capitano Russo (Comando Truppe della Tripolitania) creava il LX btg. carri L per la Divisione “Sabratha” e il LXI btg. carri L (Ten. Col. Sbrocchi) per la Divisione “Sirte”; il XXI btg. carri L “Trombi” (Comando Truppe della Cirenaica) creava il LXII btg. carri L per la Divisione “Marmarica” e il LXIII btg. carri L per la Divisione “Cirene”. Dall’Italia affluì, dal 4° rgt. fanteria carrista, anche il IX btg. carri L per la Divisione “Libica”. Quest’ultimo fu semidistrutto il 16 giugno 1940 con la colonna del Colonnello D’Avanzo nel corso di una ricognizione ove morì anche il Col. D’Avanzo. Per la creazione di questi battaglioni erano stati impiegati i carri L 3/35 immagazzinati in colonia e personale mobilitato. I comandanti dei citati btg., tutti di nuova costituzione, non avevano mai appartenuto alla specialità carristi

         I carri M 11/39 ebbero il loro battesimo del fuoco il 5 agosto a Sidi El Azeiz. Furono questi i primi reparti del 32° a varcare il confine egiziano, nel settembre di quell’anno e a raggiungere Sidi El Barrani e Marsa Matruk per immolarsi più tardi, rispettivamente, in terra egiziana ed a Tobruk.

Il 29 agosto 1940, tutte le unità carri disponibili in Libia prima distribuiti tra le varie divisioni con un criterio contrario ad ogni norma carrista, furono riunite nel “Comando Carri Armati della Libia” agli ordini dell’esperto Generale Carrista Valentino BABINI (O.M.I. e M.A.V.M.).

Tale comando si articolava in:

-        I Raggruppamento carristi, agli ordini del Colonnello Pietro Aresca (Comandante del 4° reggimento carri), formato dal I battaglione carri M 11/39, e dai XXI, LXII e LXIII battaglione carri L 3/35;

-        II Raggruppamento carristi, agli ordini del Colonnello Antonio TRIVIOLI (M.A.V.M. - cadde il 3 febbraio a Maraua e il 5 successivo fu sostituito dal Tenente Colonnello AUTORI), formato dal II battaglione carri M 11/39 (meno una compagnia), e dai IX, XX, e LXII battaglione carri L 3/35;

-        un battaglione misto carri armati formato dalla compagnia carri M 11/39 sottratta al II battaglione e dal LX battaglione carri L 3/35 ed il V battaglione carri L 3/35 “Venezian” proveniente dal 3° Reggimento carristi di Vercelli.

Purtroppo, tale accentramento fu limitato a motivi addestrativi e di controllo e perciò l’unità di formazione, che aveva peraltro avuto pochissimo tempo per prepararsi, finì con l’essere nuovamente disgregata per l’impiego, con risultati tutt’altro che favorevoli.

Il III Battaglione Carri M 13/40, comandato dal Tenente Colonnello Carlo GHIOLDI (M.A.V.M.), proveniente dall’Italia forte di 37 carri M 13/40 suddivisi tra le due compagnie, che si aggiungevano ai 417 carri di vario tipo presenti in Libia, arrivò a Bendarsi a fine settembre 1940 e iniziò una intensa attività addestrativa in previsione dell’impiego.

Nel novembre si spostò ad El Mechili dove rimase fino ai primi di dicembre. Il 9 dicembre iniziò la prima offensiva britannica per ricacciare indietro le forze italiane che penetrate per 100 km in Egitto avevano raggiunto Sidi Barrani e il III battaglione fu subito avviato al ciglione di Sollum e dell’Halfaja.

         Nel frattempo, presso la sede del reggimento a Verona, era in fase di approntamento anche il IV battaglione carri M 13/40, comandato dal Maggiore Achille GIANI (M.B.V.M.) inizialmente destinato all’Africa Settentrionale. Tuttavia, nell’imminenza dell’apertura della campagna contro la Grecia, questo battaglione fu inviato in Albania ove sbarcò il 15 novembre 1940 (per poi passare alle dipendenze del 31° Reggimento carristi a sua volta assegnato alla Divisione “Legnano”, e finì la sua esistenza in Africa nell’ottobre-novembre 1942 con il 133° Reggimento carristi costituitosi a Pordenone nel settembre 1941 in seno alla Divisione Corazzata Littorio completamente distrutta nella Battaglia di El Alamein. Il IV battaglione, nato dal 32° rgt. cr. è il solo battaglione ad aver combattuto su tutti i teatri di guerra).

Intanto, proveniente dall'Italia, il V Battaglione Carri M 13/40, comandato dal Tenente Colonnello Emilio IEZZI (M.A.V.M.), giunse a Bengasi anch’esso forte di 37 carri suddivisi tra le due compagnie in organico. 

Sia il III battaglione (rimasto nel frattempo con soli 24 carri), sia il V furono incorporati come battaglioni autonomi nella “Brigata Corazzata Speciale”, insieme al 4° Reggimento Carri. Tale Brigata si era costituita il 25 novembre 1940 nella zona di Marsa Lucch, per ordine del Maresciallo d’Italia Rodolfo GRAZIANI, Comandante Superiore delle Forze Armate Italiane in Africa Settentrionale, ed era comandata dall’indimenticabile Generale Carrista Valentino BABINI (O.M.I. e M.A.V.M.) che subentrò, dal giorno 22 dicembre 1940, al Generale di Brigata Alighiero MIELE designatone Comandante all’atto della costituzione, in attesa del rientro dall’Italia del Generale Babini.

         Entrambi i battaglioni continuarono però ad essere impiegati per aliquote, in supporto alle Divisioni di Fanteria ivi operanti e senza tener conto che i carristi avevano potuto effettuare scarsissimo addestramento sul carro M 13/40 di recentissima acquisizione ed ancor grezzi e difettosi perché appartenenti ai primi lotti di produzione.

I carri infatti venivano prodotti, assegnati ai reparti che venivano quasi immediatamente avviati al fronte senza consentire il necessario addestramento del personale, in massima parte costituito, per quanto riguarda gli Ufficiali, da complementi cui era stato impartito presso le scuole una frettolosa, parsimoniosa e quindi carente, formazione di base.

         La lacuna più evidente era però l’assenza di apparati radio che costringeva  gli equipaggi degli M 11/39 e degli M 13/40 a comunicare tra loro per mezzo di bandierine.

         Il 9 dicembre 1940,  ad Alam Nibeiwa, il II battaglione carri M 11/39 investito dall’attacco di unità britanniche su carri Matilda tentarono il contrattacco, ma la situazione, già senza speranza, fu aggravata dal fatto che, mancando le radio, una compagnia non capì i segnali ottici e ritardò il movimento. I segnali con bandierine consentivano esclusivamente lo scambio di ordini essenziali: alt, avanti, indietro, a destra, a sinistra, rallentare, accelerare. Niente di più. Tra i 37 carri del III battaglione, pare che soltanto tre fossero quelli dotati di radio.

L’11 dicembre 1940 la brigata corazzata speciale, malgrado dovesse ancora essere completata e malgrado dovesse ancora ultimare l’indispensabile addestramento, fu messa a disposizione della 10^ Armata con soltanto il LI battaglione carri L 3/35 ed il III battaglione carri M 13/40.

A partire dal giorno 11, intanto, la Brigata veniva difatti ancora una volta smembrata e le sue componenti sottoposte ad un ingiustificato logorio che non teneva alcun conto delle caratteristiche tecniche dei carri.

Il 12 dicembre 1940, due compagnie del III battaglione furono inviate a Sollum e poi a Sidi Azeis  e la restante all’ Halfaya e poi ad Ain El Gazala per difendere le retrovie di Tobruk. La 1^ compagnia carri, comandata dal Tenente Elio CASTELLANO (M.A.V.M.), rimase a disposizione della piazzaforte di Bardia. Nella marcia del battaglione da Sidi Azeis  a Bardia, secondo le relazioni di alcuni Ufficiali del battaglione, gli M 13/40 avrebbero evidenziato tutti i loro limiti tecnici (difetti alle pompe, consumi difformi tra carro e carro, autonomia inferiore a quella dichiarata dal fabbricante, rapida usura del motore costantemente sotto sforzo, fragilità della corazza. Le pompe, in particolare, erano di fabbricazione italiana, e furono sostituite con pompe tedesche Bosch negli esemplari dei lotti di produzione successivi).

Il V battaglione fu avviato a Derna  per unirsi alla Brigata del Generale Babini soltanto il 16 gennaio successivo.

Durante questi lunghi spostamenti, costretti a muovere su cingoli per la mancanza di rimorchi adeguati, i carri M 13/40 subirono moltissime avarie e la loro disponibilità nell’ambito dei due battaglioni si ridusse in modo drastico. Il 19 dicembre le autorità italiane disposero quindi l’immediato invio a Tripoli di tutti gli M 13/40 disponibili al momento.

         Dal 3 al 5 gennaio 1941 si svolse la battaglia di Bardia conclusasi con la caduta della piazzaforte. La eroica 1^ compagnia carri contro un avversario euforico per le recenti vittorie e molto più forte numericamente e qualitati­vamente, affrontò con coraggio il suo martirio. In una lotta impari e logorante, i carristi della 1^ Compagnia seppero battersi da eroi infliggendo al nemico gravi perdite ed affrontan­do stoicamente la totale distruzione, carro per carro, in scontri sanguinosi aggiungendo nuovi serti alle glorie del Carrismo Italiano. La sera del 5 gennaio i “Leoni di Bardia” non avevano più superstiti!

Il 23 gennaio 1941 la Brigata Corazzata Speciale fu dislo­cata in zona Scebib El Ghezze (a sud del quadrivio di El Mechili) e ricevette l’ordine di frenare provenienze avversarie tendenti a tagliare l’interno dell’altopiano cirenaico. In corrispondenza di tale quadrivio si ebbero i primi scontri fra carri. Il giorno 24, dapprima il V, poi il III battaglione carri, furono lanciati contro l'avversario avanzante su El Mechili con una cinquantina di carri e nonostante i difetti dei loro carri riportarono una vittoria mostrando reattività ed intraprendenza.

Sette carri italiani e dieci avversari rimasero sul terreno mentre il nemico ripiegava. Altri scontri si ebbero a Bir Semander ove l’11° Ussari inglese, unità esplorante della 7^ Divisione Corazzata Britannica, perse 8 autoblindo.

Ma l'avversario, potentemente armato ed imbaldanzito dalla propria superiorità numerica e qualitativa, riprese l'avanzata. La Brigata del Generale Babini mantenne il contatto con l’avversario sino al 26 gennaio, quando per sottrarsi all’avvolgimento da parte della 7^ Divisione Corazzata inglese, ripiegò lungo la carovaniera Mechili- Bir Melez – Antelat che i carri percorsero per la prima volta in quell’occasione.

Incuranti di ogni insidia, spinti da una spasmodica volontà, tormentati dal ghibli, i carristi del III e del V battaglione si spinsero nell’interno del deserto percorrendo per la prima volta l'impervia carovaniera che da El Mechili, attraverso Bir El Melezz, giungeva ad Antelat e procedendo sino ad Agedabia, dopo 220 km di marcia estenuante, l’avversario che avanzava lungo la litoranea per conquistare la Cirenaica.

I due battaglioni riuscivano comunque a precedere l’avversario.

Nei giorni 5, 6, 7 e 8 febbraio 1941, a cavaliere della via Balbia, fra il Km. 60 ed il Km. 35 da Agedabia (Beda Fomm) la bat­taglia divampò furiosa fra le centinaia di carri e autoblindo inglesi della IV Brigata e dell’11° Ussari ed i superstiti del III e del V battaglione carri. Il duello fu impari e sanguinoso, altissima la posta!

I carri dei due battaglioni si batterono nel tentativo di assicurare il ripiegamento delle fanterie e delle artiglierie italiane che procedevano lungo la via Balbia e la costa verso sud per sfuggire all’aggiramento da parte del XIII Corpo d’Armata britannico. 

Tutti i carri del III e del V battaglione furono distrutti o immobiliz­zati: il 50% degli equipaggi cadde sul campo o rimase ferito, ma l'avversario fu comunque arrestato ed interruppe ad Agedabia la sua già vittoriosa avanzata. A Beda Fomm il III e V battaglione attaccarono infine affiancati alle ore 0800 del 7 febbraio 1941 i reparti della Brigata Fucilieri Sud Africana. L’ultimo carro fu fermato presso il Posto Comando di quella Brigata. Con ciò il X Corpo d’Armata Italiano aveva perso la battaglia ed il nemico catturò 130.000 soldati italiani! Se la Brigata  corazzata del Generale Babini avesse potuto disporre anche del VI battaglione M 13/40 e del XXI, impiegati irrazionalmente, le sorti della giornata forse sarebbero state diverse.

Gloriosi caduti, pionieri dei fasti dello Stendardo, furono i Sottotenenti Luigi LOLINA (M.A.V.M.) e Giovanni PRENDIBENE (M.A.V.M.), i Sergenti Firmo MORETTI (M.A.V.M.) e Carlo RIBOLDI (M.B.V.M.), i Caporal Maggiori Mario PAGANO (M.B.V.M.) e MASSOLARI, i Caporali Isaia BRAMBILLA (M.B.V.M.) e Mario ZAMBELLI (M.B.V.M.), i Carristi Isidoro GATTONI (M.A.V.M., proposto per la M.O.V.M. alla memoria) e Giuseppe BELLAZZI (M.B.V.M.).

L'indomito valore della Eroica Avanguardia fu consacrato dalle motivazioni delle ricompense al Valor Militare concesse allo Stendardo del 32° Reggimento carri:

“...Più grandi delle loro sfortune i carristi del III seppero immolarsi alla pura bellezza del dovere e dell'onore...”

...strenuamente, anche senza speranza, affrontando la pro­pria distruzione e chiudendo con pochi superstiti la sua gloriosa e cruenta epopea nel rogo degli ultimi carri armati, incendiati dagli stessi equipaggi di fronte al soverchiante nemico...”.

         A ricordo dell’immane sacrificio dei due battaglioni, la data dell’8 febbraio fu scelta quale Festa di Corpo del 32° Reggimento carri.

         Poiché però l’esperienza della guerra non è fatta soltanto di eroismi, e poiché se è vero che dall’esempio degli eroi l’animo si fortifica, è altrettanto vero che è dagli errori che si deve trarre il massimo ammaestramento, vale la pena di sottolineare che il sacrificio dei due battaglioni sarebbe stato meno vano se i materiali affluiti dall’Italia fossero stati impiegati con maggiore razionalità da parte degli alti comandi in Libia non ancora avvezzi alla guerra motorizzata.

Come già ricordato, dal 19 dicembre dall’Italia era stato dato l’ordine di far affluire in Libia tutti i carri M 13/40 disponibili, il che avvenne. Il 22 gennaio 1949 giunse a Bengasi, proveniente dal 33° Reggimento carristi di Parma, il VI battaglione carri M 13/40 con i suoi 37 carri e insieme ad altri 36 carri “sfusi” dello stesso tipo con cui fu frettolosamente “riconvertito” in battaglione carri M il XXI battaglione carri L 3/35 che aveva lasciato i suoi carri leggeri a Tobruk ed era corso a Bengasi per montare sugli M 13. Il VI e XXI battaglione carri, quest’ultimo comandato dal Capitano SACCHITANO, senza il tempo di né ambientarsi né addestrarsi all’impiego del carro appena ricevuto, furono immediatamente immessi in battaglia nei pressi di Solluch e, fatto più grave, furono sottratti dal Comandante della 10^ Armata al Generale Babini che - di fatto - non poté impiegarli con criteri carristi per aumentare le forze della sua Brigata.

Il mattino del 6 febbraio il Generale Babini disponeva ancora di 16 Ufficiali e 2300 uomini, 24 carri del V battaglione e di 12 del III, in retroguardia. 24 pezzi di artiglieria, 18 pezzi controcarro, 320 autocarri e altri mezzi minori. Arrivato il momento decisivo, alle ore 13 di quel giorno, a una cinquantina di chilometri da Agedabia, gli M 13/40 del V battaglione si scontrarono  con corazzati britannici sopraggiunti da oriente. In loro aiuto intervenne il III battaglione. Gli inglesi, ripiegando, perdettero tre carri e lasciarono dei prigionieri. Alle 16 i carri del III, appoggiati dalle batterie del 12° artiglieria, intervennero nuovamente con successo in aiuto ad un’altra colonna della 10^ Armata attaccata da una ventina di carri inglesi. Durante il movimento dell’Armata, molte colonne erano intanto rimaste intrappolate tra Beda Fomm e il mare. A sbarrare il passo una ventina di carri Cruiser inglesi. Dopo aspri combattimenti, soltanto quattro M 13/40 del VI battaglione, caduto nell’agguato dei Cruiser britannici, si salvarono. Fu così distrutto il VI battaglione carri medi, formato dal 33° Reggimento carristi di Parma, passato al deposito del 32° di Verona e sbarcato in Libia soltanto ventiquattro giorni prima!

 

I carri del XXI battaglione, in ritardo e tagliati fuori da un campo minato steso nel frattempo dal nemico, non riuscirono a contribuire allo sforzo. Verso le prime ore del 7 febbraio, anche a causa della già ricordata mancanza di radio, la lotta perse ogni coordinamento frantumandosi in combattimenti slegati ed episodici e al comando, perduta ogni speranza, non restò che arrendersi. La 10^ Armata lasciò così sul campo ben 101 dei suoi M 13/40, 39 dei quali (in gran parte carri del XXI battaglione) intatti.

 

 

TUTTO IL 32° CARRI

NELL’INFERNO DELLA CIRENAICA

 

Il 32° carri, agli ordini del Colonnello Alvise BRUNETTI (M.A.V.M.), s'imbarcò sulla Nave da carico “Marco Polo” a Napoli il 22 gennaio 1941 e sbarcò a Tripoli il 24 insieme al resto della Divisione Corazzata Ariete, proprio nello stesso giorno in cui i battaglioni carri III e V che lo avevano prece­duto, combattevano vittoriosamente ad El Mechili.

Il Reggimento, ordinato su I, II e III battaglione carri d'assalto agli ordini dei Tenenti Colonnelli Andrea RISPOLI (M.B.V.M.), Enrico MARETTI (O.M.I., M.A.V.M. e M.B.V.M. poi comandante del 132° carrista) e dei Maggiori Giuseppe MANGANO (M.B.V.M.), visse subito la sua breve tormentata vita africana, scrivendo pagine memorabili di eroismo.

Il VII battaglione carri M 13/40 comandato dal Tenente Colonnello Alberto ANDREANI (M.O.V.M.) sbarcò a Tripoli per unirsi al reggimento l’11 marzo.

In seguito, al Reggimento si unì prima l’VIII battaglione carri medi, formato a Roma in seno al 4° Reggimento carristi e comandato dal Capitano CASALE DE BUSTIS Y FIGAROA (M.A.V.M.) e, poco più tardi, il IX battaglione carri comandato dal Tenente Colonnello Pasquale PRESTISIMONE (M.O.V.M.), creatura del 3° Reggimento carristi e che si era  costituito a Bracciano con elementi tratti anche dall’XI battaglione carri di Udine già dipendente dal 32° carristi.

Il 14 febbraio 1941 il Reggimento si trasferì nella zona di Misurata.

Si preparava l'offensiva Italo-Tedesca per la riconquista del­la Cirenaica. Dopo un breve periodo di ambientamento e di addestramento nella zona Sirtica, nel marzo del 1941, il 32° si schierò con le altre unità dell’Ariete nella zona di Bir Cahela - Bir Haddadia, per garantire il fianco e il tergo del corpo d’armata tedesco co­mandato dal leggendario Generale Erwin ROMMEL a partire dal 6 febbraio 1941.

Non era un impiego dinamico, ma le esigenze operative del momento imponevano tale operazione.

Tende, armi, carri, automezzi, erano sparsi e seminterrati per proteggersi dall'offesa nemica e dalle intemperie. Il ghibli investiva tutto e tutti mettendo a dura prova la resistenza degli uomini, costretti a vigilare nella tempesta di vento e di sabbia. Insufficienza qualitativa e quantitativa di mezzi, impiego non sempre adeguato, terreno operativo fra i più inospitali della ter­ra, non rallentarono l'impeto dei carristi del 32°.

Battaglie spesso epiche, nelle quali la genialità e l'ardimento supplirono all' insufficienza numerica, scontri durissimi dove carri e carristi furono unico blocco d'acciaio, ovunque e sempre, il Reggimento tenne alta la fiamma della nostra Bandiera e del Carrismo Italiano.

La Pasqua del 32° ad El Adem

La controffensiva di Pasqua trovò i carristi del 32° pronti alla battaglia. Marada e Marsa el Brega furono occupate mettendo in fuga i reparti meccanizzati nemici; Agedabia fu riconquistata.

Occorreva non dare tregua al nemico. Mentre le colonne Fabris e Montemurro puntavano verso Tobruk. L’Ariete fu lanciata il 6 aprile 1941 a tagliare la riti­rata al nemico, che, avendo sgomberato Agedabia, Bengasi e Barce, avrebbe certamente tentato di raggiungere, con il grosso delle sue forze il confine egiziano per la seconda volta.

Ebbe così inizio l'inseguimento che portò a compiere in tre giorni 220 km di tormentata marcia nell'interno del deserto. Alle rabbiose reazioni del nemico che, con ripetuti contrattacchi, tentava di impedire l’accerchiamento, si univa un ghibli di inaudita violenza. Problematico l’orientamento, difficili i collegamenti e i rifornimenti, frequenti gli incontri con i campi minati, dura la resistenza cui erano sottoposti uomini e macchine. Alle difficoltà naturali e alle continue offese terrestri da parte di un nemico pratico del deserto e perfettamente organizzato, si aggiungeva l’offesa aerea. Ma nulla e nessuno poteva fermare l’ Ariete che, di giorno e di notte, superando ogni avversità, vincendo ogni insidia, travolgendo ogni resistenza avversaria, conquistò tutti gli obiettivi assegnati.

El Mechili e Okruna furono raggiunte, aggirate e superate, le difese di Tobruk aggirate, e la sera di Pasqua salutava l’ingresso del 32° a El Adem a sud est della piazzaforte nemica.

 

Terminava così la prima parte delle operazioni per la riconquista della Cirenaica nella quale, per la prima volta, carristi, bersaglieri e artiglieri corazzati combatterono fianco a fianco nel segno dell’Ariete, in una cooperazione fraterna di spiriti e di intenti, in una nobile gara di emulazione la cui meta era la vittoria delle nostre armi.

L’assedio della piazzaforte di Tobruk

Al nemico, che aveva dovuto sgomberare in tutta fretta la Cirenaica sotto l’impeto delle nostre forze corazzate, non restava ormai che il possesso della piazzaforte di Tobruk, munitissima per imponenti lavori effettuati in alcuni mesi di occupazione.

Il 14 aprile il Generale Rommel decise di attaccare la piazzaforte. La direttrice centrale di attacco, la rotabile El Adem - Tobruk, venne affidata all’Ariete.

I reparti della Divisione, già affluiti El Adem e cioè il 32° Reggimento carrista, un battaglione bersaglieri, un gruppo di artiglieria corazzata e una compagnia cannoni da 47/32, si prepararono ad affrontare le fortissime posizioni nemiche.

Il 1° maggio ebbe inizio la battaglia di rottura. Di fronte ad un nemico enormemente favorito dalle posizioni fortificate, carristi, bersaglieri e artiglieri, combatterono fianco a fianco con sovrumano coraggio, dando vita a quella efficace e brillante cooperazione tattica che doveva diventare un pilastro basilare della futura dottrina dei corazzati.

Reagendo con fuoco preciso al tiro controcarro del nemico, infilando con perforanti le feritoie delle opere, contro manovrando per sventare le sortite dei mezzi corazzati avversari, lanciandosi arditamente dove si apriva anche un piccolo varco, duellando col nemico, in una lotta senza quartiere, i carristi del 32° portarono avanti i loro cingoli d’acciaio, con “ferreo cuore” sino a travolgere le posizioni nemiche.

Dalle piazzole cominciarono ad uscire i primi prigionieri, meravigliati - come essi stessi dichiararono - che i carri italiani fossero riusciti a penetrare in una cintura fortificata da essi ritenuta invulnerabile.

Ma non vi era tempo per pensare, per riordinarsi, per ricevere rinforzi! Decine di batterie avversarie vomitarono acciaio, seminando morte e distruzione, interrompendo i collegamenti, mettendo a dura prova la resistenza dei nostri reparti mentre, appoggiati da mezzi corazzati, alcuni battaglioni australiani portarono un contrattacco di inaudita violenza che travolse in un primo tempo la nostra linea più avanzata. Sotto la guida del comandante del reggimento, i carristi del 32° trovarono ancora una volta, nei loro ardenti spiriti, la volontà per risorgere.

Il pilota colpito a morte veniva sostituito dal marconista, al capocarro ferito subentrava il servente, equipaggi di carri colpiti balzavano a terra combattendo, pistola in pugno, contro gli assalitori. Gli eroismi non si contarono più!

Il Tenente Colonnello Enrico MARETTI (O.M.I., M.A.V.M. e M.B.V.M.), intrepido soldato, rincuorava con la parola e con l’esempio i suoi carristi. Manovrando ripetutamente, investendo il nemico da più lati con il fuoco di tutte le armi e con l’urto travolgente dei cingoli, i carristi del 32° decisero con il loro valore e con il loro sacrificio le sorti di quella tremenda battaglia.

Il nemico tentò una estrema reazione, ma fu l’ultima, prima di volgere in fuga lasciando sul terreno centinaia di morti e di feriti, armi pesanti, carri immobilizzati. Gravi anche le perdite in uomini e mezzi, tributo eroico dei carristi italiani alla dura lotta che assunse l’aspetto irreale di impresa leggendaria.

Me Vivo Numquam Eripieris” (in italiano: Me vivo non mi sarai tolto) aveva scritto un carrista sul suo carro ricordando l’incisione sulla spada di Orlando a Roncisvalle.

E così fu: che veramente in quegli scontri durissimi, le fiamme rosso-blu tennero fede al loro significativo motto araldico: “Ferrea Mole, Ferreo Cuore”.

Dopo i durissimi combattimenti per l’assedio di Tobruk, occorreva curarsi le ferite, riorganizzarsi, rimettersi in piena efficienza. I resti gloriosi del Reggimento, uomini stremati da 40 giorni di lotta senza quartiere, carri ancora recuperabili dopo le tre mende battaglie, furono avviati nella zona del villaggio Berta. Restarono ad Agedabia, ad El Mechili, ad Okruna, a Tobruk, a Bardia, le bianche croci a testimonianza di un sacrificio offerto serenamente alla Patria lontana. Fecero corona a quelle croci, i carri colpiti o bruciati, divenuti spesso bare d’acciaio per i valorosi carristi del 32°.

I superstiti, raccolti attorno alla gloriosa Bandiera rivolsero, prima di lasciare l’infuocato campo di battaglia di Tobruk, lo sguardo verso il mare, verso l’Italia lontana. Il vento copri, con la gialla sabbia, i tumuli di El Adem, quasi a proteggere con una morbida coltre, i resti mortali di coloro il cui ricordo sarebbe rimasto imperituro nel cuore dei compagni sopravvissuti.

Fianco a fianco con il 132° carri

Intanto l’Ariete si andava riorganizzando: oltre l’assegnazione di nuove unità, fu deciso di dar vita ad un altro reggimento carristi, interamente equipaggiato di carri M 13/40.

Nasceva così, il 1° settembre 1941 in zona di operazioni, nella zona di Elnet Lasga, lungo la pista Berta El Mechili, il 132° Reggimento carristi il cui comando fu affidato al Tenente Colonnello Enrico MARETTI (O.M.I., M.A.V.M. e M.B.V.M.).

La Compagnia Comando del 132° Reggimento carristi si formò invece a Roma, in seno al 4° Reggimento carristi , il 1° giugno 1941, fu trasferito in Africa Settentrionale e si unì ai battaglioni assegnatigli il 1° settembre successivo. Il reggimento inquadrò inizialmente i battaglioni citati nel testo che furono via via sostituiti dal X comandato dal Maggiore Luigi PINNA (M.A.V.M. e M.B.V.M.) proveniente dal 133° Reggimento carristi, e dal XIII comandato dal Tenente Colonnello Renzo BALDINI (C.G.V.M.) e formatosi a Verona nel deposito del 32° Reggimento carri.

A fine ottobre il Tenente Colonnello D’AIELLO DI SANT’IRENE, assunse il comando del Reggimento rimasto con i soli battaglioni carri d’assalto. Pur meno potente nei mezzi, il 32°, forte della sua esperienza africana e dell’entusiasmo mai sopito dei suoi gregari, continuò ad essere elemento prezioso in seno alla Divisione Ariete.

Bir Ei Gobi - Sidi Omar - Sidi Rezegh - El Adem - Ain El Gazala, tappe di duri scontri, videro ancora rifulgere il valore dei carristi dei 32°. Altro sangue fu versato. Ancora 79 giovani vite furono immolate alla Patria.

Primo Scioglimento del 32° Reggimento carri

Gli ultimi combattimenti avevano ormai ridotto il 32° a pochissimi carri, logorati dalle lunghe ed estenuanti marce.

Il 31 dicembre 1941 i superstiti furono portati al villaggio Crispi. L’8 gennaio 1942 fu deciso lo scioglimento del Reggimento e il rientro in Patria dello Stendardo.

Mai saluto fu più commovente e sentito tra i pochi veterani che si accingevano a rivedere la Patria e i molti nuovi, che restavano sulla “Quarta Sponda” a tenerne alta la dignità e l’onore dell’Italia. Nel febbraio 1942 lo stendardo del 32° carri ritornò quindi in Patria.

In Africa Settentrionale restavano comunque un migliaio di carristi del reggimento con una settantina di Ufficiali tutti concentrati nel “Centro di Istruzione Carristi” al Comando del Tenente Colonnello Antonio D’ERRICO (M.A.V.M.). Tale Centro, posto alle dipendenze della 133^ Divisione Corazzata “Littorio” Comandata dal Generale Gervasio BITOSSI, era organizzato nel Villaggio Corradini presso l’Oasi di Homs, ed ebbe il compito di occuparsi dell’addestramento e del perfezionamento del personale ed anche di “serbatoio di alimentazione” a favore di tutte le unità carriste operanti in Africa Settentrionale.

Prima Ricostituzione del 32° Reggimento carri

Nel maggio 1942 il Reggimento si ricostituì e sotto la guida del Tenente Colonnello CALVI, raggiunse la Sardegna con il glorioso Stendardo, nel settembre dello stesso anno, dislocandosi nella zona di San Luri e passò a far parte delle truppe impegnate nella difesa del l’Isola.

Formarono il ricostituito 32° Reggimento il XVI battaglione carri M 13/40, il I battaglione carri “Somua” di fabbricazione francese, il I battaglione carri L e due compagnie motocorazzate.

Intanto il deposito di Verona continuava a lavorare per formare altri battaglioni carri.

Secondo Scioglimento del 32° Reggimento carri

Il 2 ottobre 1944, il Reggimento fu nuovamente disciolto e la Bandiera entrò al Vittoriano per essere custodita nel sacrario dell’Altare della Patria insieme ai gloriosi vessilli delle unità non più in vita dell’Esercito Italiano sino al 1° marzo 1964.

 

Scrissero del 32° carri in Guerra

CORPO TEDESCO D’AFRICA

Il Comandante

 

Zona di Guerra, 6 maggio 1941

 

E’ per me un grande dovere trasmettere a tutti gli appartenenti alle Unità Italiane dipendenti dal Corpo Tedesco d’Africa il mio particolare elogio per il buon comportamento mostrato durante l’attacco alla cintura fortificata di Tobruk.

Fianco a fianco con i loro camerati tedeschi per i quali è un onore aiutarLi nella riconquista della Cirenaica, essi hanno compiuto cose straordinarie nelle ore più difficili. In combattimenti duri ed accaniti, che non hanno precedenti, sui terreni più difficili, si è potuto irrompere nella cintura fortificata e tenere la posizione conquistata nonostante i ripetuti, quotidiani attacchi degli Inglesi.

Il mio ringraziamento e il mio elogio va particolarmente ai valorosi reparti della Divisione Corazzata “ Ariete” che, in un inaudito combattimento difensivo, nella notte dal 3/5 al 4/5 hanno reso impossibile ogni avanzata al nemico ed hanno saldamente tenuto in mano i fortini conquistati il giorno prece dente. E’ per me un onore ed una gioia esprimere questo riconoscimento.

E con me saranno dello stesso parere e con la stessa volontà, tutti i camerati italiani per non lasciare nulla di intentato nella lotta pur di battere il nemico fino al suo definitivo annienta mento. Noi batteremo il nemico ovunque lo troveremo!

Prego far conoscere questo elogio a tutti i reparti della Di visione.

 

F.TO ROMMEL

COMANDO DIVISIONE CORAZZATA “ARIETE” (132^)

Sezione Op. Inf. Serv.

 

N. 266/ord.            Z. G., 7 maggio 1941

OGGETTO: Encomio.

 

Al Comando 32° Regg. Carristi;

Al Comando 132° Regg. Artiglieria;

Al Comando 2° Regg. Art. Celere;

Al Comando V Battaglione Bersaglieri (8° Regg.);

Al Maggiore Lomaglio (per il III Btg. Bersaglieri);

Al Comando Colonna Santamaria;

Al Comando 132^ Compagnia mista Genio;

Al Comando Battaglione Guastatori.

 

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Il Comando Corpo Tedesco in Africa comunica:

 

Il 30/4 sera è stata attaccata la cintura fortificata nemica da tutte e due le parti di Ras El Medaur: in una lotta accanita ed inaudita durata più di 24 ore si è riusciti a frantumare pezzo per pezzo la linea di fortini molto fortemente fortificata. In assalti audaci furono presi uno dopo l’altro numerosi capisaldi organizzati e costruiti in cemento armato, nonostante gli accaniti contrattacchi del nemico. Sono stati respinti contrattacchi nemici di carri armati, appoggiati da intenso fuoco di artiglieria. Il caldo ed il ghibli hanno reso più difficili le operazioni. Durante l’intera giornata l’arma aerea è intervenuta ripetutamente e decisamente nel combattimento con gli stukas, apparecchi da distruzione e da caccia. Per il comportamento eccezionale e completo delle truppe e dei loro comandanti, esprimo il mio pieno riconoscimento. Questo combattimento passerà alla storia come uno dei più aspri della guerra d’Africa”.

 

A detti combattimenti ha partecipato con la maggioranza delle sue forze, 1’Ariete.

 

Paghi del riconoscimento avuto, alziamo reverente il nostro pensiero ai nostri gloriosi Morti ed ai nostri feriti. L’elevato numero delle nostre perdite, che conferma di quale gravità sia stato l’attacco respinto, è garanzia che ove si dice “Ariete ”, si dice, forza, tenacia, ardire!

 

Ai bravi ed eroici componenti della Divisione, che dopo 40 giorni di inenarrabili fatiche, hanno trovato tanta sicura forza di resistenza, sia fatto giungere il mio elogio di comandante.

 

IL COMANDANTE

Gen. Div. Ettore Baldassarre

COMANDO DIVISIONE CORAZZATA “ARIETE” (132^)

Sezione Op. Inf. Serv.

 

Zona di Guerra, 8 maggio 1941

 

ORDINE DEL GIORNO

 

 

Ufficiali, sottufficiali, graduati e soldati!

 

In questi giorni si è chiuso il primo ciclo mensile operativo, durante il quale l’ “Ariete” ha infaticabilmente marciato e combattuto con valore ed onore. Nessun ostacolo e nessun sacrificio hanno potuto fiaccare la nostra fede ed il nostro slancio. Il nostro cammino è stato irrorato dal sangue generoso di cento e cento soldati, immolatisi nel compimento del dovere. Davanti alle loro spoglie s’inchinano le insegne dei nostri reggimenti e si cementano il voto e la promessa dei nostri cuori: perseverare per essere degni di loro.

 

Ufficiali, sottufficiali, graduati e soldati!

 

L’Ariete ha già scritto pagine luminose di gloria: ne fa fede l’ordine del giorno del comandante del Corpo Tedesco in Africa ch’io vi trasmetto. Sono fiero di voi! Ho fede in voi! Viva l’Ariete!

 

IL COMANDANTE

Gen. Div. Ettore Baldassarre

 

p.c.c.

L’AIUTANTE MAGGIORE IN 1^ f.f.

BARBAGLI

32° REGGIMENTO CARRISTI

“Ferrea Mole - Ferreo Cuore”

COMANDO

 

Zona di Guerra, 10 maggio 1941

 

ORDINE DEL GIORNO N. 83

 

Carristi del 32°!

 

L’alto riconoscimento del C.T.A. e le parole di vivo, affettuoso, esaltante elogio del Nostro Comandante la Divisione “ Ariete ”, devono costituire per voi tutti il premio alla fatica, alle difficili prove ai vostri altissimi meriti conquistati durante questo primo, lungo ciclo di operazioni. Non ho mai dubitato che i carristi del 32°, dal cuore di acciaio come le corazze dei loro carri, fossero inferiori per valore, audacia, spirito di sacrificio agli eroici camerati che nella stessa terra d’Africa scrissero pagine di valore e di gloria. Gli avvenimenti vissuti confermano largamente le previsioni!

Quattro mesi or sono, col petto e con l’eroismo dei carristi si difendeva questa piazzaforte dalla tracotanza nemica: il destino vuole che oggi i carristi del 32° Reggimento siano chiamati ad infrangere la stessa resistenza che dovrà cadere per valore ed impeto ormai leggendari dei camerati Italo-Germanici.

 

Carristi!

 

Nella memoria sacra dei nostri caduti, nella certezza di una luminosa vittoria, stretti attorno alla nostra gloriosa Bandiera, lanciamo alto ed impetuoso il grido di promessa e di fede al giuramento per il bene supremo della Patria.

 

Evviva l’Italia!

IL COLONNELLO COMANDANTE

Alvise Brunetti

 

 

 

 

ALBO DELLA GLORIA DEL 32° CARRI

 

 

MEDAGLIA D’ORO AL VALOR MILITARE

ALLO STENDARDO DEL  32° REGGIMENTO CARRI

(per il III Battaglione Carri)

 

“Durante due mesi di tormentato periodo di operazioni in A. S., lanciato contro un avversario che alla preparazione ed all’esperienza univa una schiacciante superiorità in armi corazzate, si impegnava oltre ogni limite di resistenza e di sacrificio. Nella difesa di Bardia sacrificava una intera compagnia, distrutta carro per carro, in lotte impari ed estenuanti ed infliggendo sanguinose perdite a uomini e mezzi avversari. Mutilato di questi suoi elementi, il battaglione continuava sempre in attacco e sempre animato dallo stesso indomito tenace spirito offensivo, anelando unicamente ad affermare, a costo della propria distruzione, la superiorità del soldato italiano ed imponendosi all’ammirazione dell’avversario. Consapevoli del loro destino e ben più grandi della loro sfortuna, i carristi del III Battaglione M/13, sapevano immolarsi serenamente alla pura bellezza del dovere e dell’onore, talché la loro unità veniva tutta praticamente distrutta”.

 

(Egitto - Marmarica (A.S.), 9 dicembre 1940 - 8 febbraio 1941)

 

 

MEDAGLIA D’ARGENTO  AL VALOR MILITARE

ALLO STENDARDO DEL 32° REGGIMENTO CARRI

(per il V Battaglione Carri)

 

“Durante venticinque giorni di tormentate operazioni in A. S., lanciato contro un avversario che alla preparazione ed all’esperienza univa una schiacciante superiorità in armi corazzate, si impegnava con accanito valore, combattendo, giorno e notte, nel torrido e logorante clima desertico, spesso isolato, sorretto soltanto dalla fede e dall’animo indomito ed infliggendo al nemico perdite sanguinose. In situazione critica per le nostre armi, riunito con altri battaglioni in una brigata improvvisata, si opponeva alla offensiva nemica, da Bardia ad Agedabia, strenuamente, anche senza speranza, affrontando la propria distruzione e chiudendo, con i pochi superstiti, la sua gloriosa e cruenta epopea nel rogo degli ultimi carri armati, incendiati dagli stessi equipaggi di fronte al soverchiante nemico”.

(Cirenaica, 15 gennaio - 8 febbraio 1941)